Oggebbio
Numero abitanti: 893
Denominazione: oggebbiesi
Superficie: 2021,3660 ettari Altitudine: 263 mt slm
Distanza: 8 km da Verbania Festa patronale: 29 giugno SS. Pietro e Paolo
Oggebbio: una quindicina di piccoli villaggi distribuiti sulla riva del lago e su un dolce pianoro a mezza costa sulla montagna. I boschi, le ville signorili, i preziosi giardini, chiese che contengono tesori d’arte e, su tutto, svetta il più alto campanile dell’Alto Verbano: è quello della parrocchiale di Gonte alto 42 metri.
Per la gente del luogo l’etimo del toponimo Oggebbio deriverebbe dal latino Eugebium con il significato di “terra della dolce vita” (dalla composizione di tre parole greche: eu (bene),ghe (terra) e bios (vita). Non scommettiamo sulla correttezza scientifica dell’etimologia, di certo è un atto d’amore per la propria terra.
Oggebbio ha anche una particolarità: non esiste. Il toponimo è nome collettivo per i quindici villaggi sparsi nel verde della montagna: Barbé (famoso per l’eccellenza dei vini che vi si producevano), Resega (vi era il mulino sul torrente Bugnano che serviva tutti i villaggi rurali della zona), Rancone (villaggio con una schietta impronta rurale), Cadessino (l’oratorio della Natività di Maria è monumento nazionale), Mozzola (vi si coltivava l’ulivo), Quarcino (era il centro del commercio del legname), Gonte (è il capoluogo comunale e vi è la parrocchiale di S. Pietro), Piazza (i ruderi delle ville ottocentesche fra gli orti e i vigneti), Dumera (la frazione più elevata), Pieggio (con una bella piazza e un grande lavotoio frazionale), Spasolo (era il porto sul lago), Cadevecchio (con una bella fontana al centro del paese e affreschi sulla facciata delle case), Camogno (presso l’oratorio di San Defendente si svolge la “Festa di ratt”, dei topi), Novaglio (le fonti e la chiesa romanica di S. Agata).
Sopra i villaggi, gli alpeggi. Oggi, su una montagna in cui l’uso ricreativo del territorio ha prevalso su quello produttivo, non vengono più utilizzati per l’estivazione del bestiame, ma sono luoghi di residenza estiva o per i fine settimana.
Un tempo gli otto alpeggi di Oggebbio vedevano il trasferirsi delle famiglie nei “villaggi estivi” dove avveniva il pascolamento del bestiame, la produzione casearia e la coltivazione delle patate. Era un sistema articolato di insediamenti temporanei collegati tra loro da sentieri e mulattiere. I centri di questo sistema sviluppatosi nei secoli erano Corte Ginestrolo (750 m), Manegra (850 m), Scimiscè (910 m), Casola (900 m), Barca (1050 m), La Nevia (1065 m), Chiodino (1075 m), Colle (1065 m).
In basso, tra il lago e i villaggi stanziali, l’infinita serie dei terrazzamenti dove veniva coltivata la vite, la segale e le biade. I muretti di sostegno dei campicelli sono visibili ancora oggi camminando nei boschi. Un’altra risorsa del territorio erano i boschi. In particolare Mozzola e Quarcino erano i villaggi dove arrivavano, agli inizi del secolo, i fili a sbalzo che scaricavano grosse quantità di legname che, caricato sui carri, veniva portato alla stazione di Verbania come combustibile per i treni a vapore. La ramaglia di risulta veniva invece confezionata in fascine che veniva venduta a Milano per i forni a legna dei panettieri.
Questo un tempo. Turismo, arte e fiori sono le ricchezze di Oggebbio oggi. Un fiore in particolare: la camelia. Proprio da Oggebbio, negli anni ‘50, iniziò la ripresa dell’attenzione per la camelia in Italia grazie alla passione di Antonio Sevesi che nel giardino di “Villa Anelli” ospita, coltivate all’aperto e in piena terra,oltre 200 varietà ed altre 300 ottenute da seme.
Altre due ville furono famose alla fine del secolo scorso: quelle del banchiere Synading e del pascià Draneht, dignitario del viceré d’Egitto: ricchi egiziani che trovarono nel verde dei boschi e nel blu del lago un ambiente ideale per sontuosi soggiorni.Oggi la villa ed il parco sono state trasformate in un residence.Più recente fu la casa fra i vigneti a picco sul lago del pittore Xanti Schawinsky, artista del Bauhaus che espresse nelle sue tele le profonde luminosità del lago.
Oltre ai fiori, l’arte. Sono tre le chiese importanti e da visitare: a Cadessino, a Novaglio e a Gonte.
Il più prezioso è l’oratorio della Natività di Maria a Cadessino. A navata unica conclusa da un coro poligonale, l’oratorio risale al XV secolo. Il campanile romanico, ingentilito da eleganti bifore con archetti pensili, risale all’XI/XII secolo.
Sulla collina di Novaglio che guarda al lago, l’oratorio di S. Agata, restaurato negli anni ‘60 grazie alla volontà del parroco don Giuseppe Soldani, conserva l’impianto romanico con aggiunta di elementi gotici e rinascimentali.
La chiesa parrocchiale di S. Pietro a Gonte è già menzionata nel XII secolo, era unacappella della chiesa pievana di S. Vittore di Intra, da cui si staccò nel 1606.
Divisa in tre navate con il soffitto ricoperto da affreschi che narrano la vita di Gesù, conserva un prezioso crocifisso, opera dello scultore milanese Pietro Frasa nel 1712. Una leggenda locale racconta che sia stato trasportato clandestinamente da tre operai oggebbiesi in una botte di vino. Ancora oggi la “Festa del Crocifisso” di Gonte, in luglio, è la più importante e partecipata di Oggebbio.
L’antico porto di Spazzolé (Spasolo), nel XIV secolo dotato di un ospizio per i viaggiatori, fu per secoli sede di intensi traffici lacustri. Nel XIX secolo, partivano le barche dei pescatori locali.. A cavallo del secolo il porto di Spasolo, oggi adeguatamente ristrutturato, era luogo di incontro delle genti di Oggebbio in quanto il battello permetteva il transito di uomini e merci a Verbania e quindi, in ferrovia, a Milano. Il battello come cordone ombelicale con il mondo.
Dal 1957 è presente a Piancavallo l’Istituto Auxologico Italiano, una fondazione per la ricerca e la cura in campo biomedico di rilevanza internazionale. L’attività di ricerca scientifica e di cura viene principalmente svolta nel moderno complesso ospedaliero S. Giuseppe. Più di recente, in questo contesto, l’impegno maggiore è stato posto nello studio e nella cura delle grandi obesità.
Quattro strade, dalla statale del lago, salgono ai villaggi sulla montagna, ma il modo più bello per visitarli è camminare sulle numerose mulattiere selciate e ben tenute che collegano tra loro gli abitati.